Quando uno tira fuori la capitale ed il suo nome, tante cose possono affiorare alla mente… Trenta anni di guerra sanguinaria, Al Shabab , missioni umanitarie a non finire. Il ceck point pasta! Black hawk down… La nostra colonia!
Lasciamo il nostro albergo ad Hargheisa e la terra del Somaliland ma prima volevamo trovare il sistema di fare un passaporto falso che rilasciano per strada… Come vi avevo spiegato ora il Somaliland si stampa passaporti propri.
Purtroppo per una serie di motivi non troviamo nessun pusher che puo’ farlo nei nostri tempi…
Ieri notte dei caroselli continui hanno disturbato il sonno di Roberto. A me non più’ di tanto. Cerco nelle news varie ma non trovo nessuna nazionale, squadra o roba importante del Somaliland che possa aver scatenato tutto sto pandemonio…
Prendiamo la strada per l’aeroporto e scopriamo che tutto il fermento, che ancora continua, è legato al ritorno del presidente che è stato in visita negli USA cercando il riconoscimento della sua nazione…
Passano toyota a tutto spiano, le classiche tre macchine nere targate uguali, camionette con uomini antisommossa. Le donne soprattutto, disposte in fila lungo la strada, urlano e una miriade di bandierine sventolano i colori del Somaliland.
Riusciamo a raggiungere l’aeroporto con qualche difficolta’. Controlli antibomba ecc. Poi siamo li in attesa dell’atterraggio del “capo”, mente facciamo i nostri ceck in, dove scende calpestando un lungo tappeto rosso.
Arriva anche il nostro volo, un piccolo jet tre file che vola diretto tagliando l’Etiopia. Pensavamo di essere tranquilli in aeroporto a Mogadiscio ma le ultime ci danno un attentato a sud con l’uccisione di 7 persone. Sono sempre operatori e militari pero’…
Come per Hargheisa, non ci sono scale o bus, scendiamo a piedi ed andiamo al controllo passaporti. Ci rimbalzano agli arrivi internazionali per il controllo dei visti. Un addetto alla sicurezza nota la mia nikon e mi chiede di dimostrare che funzioni… Bomba???
Troviamo il nostro contatto ad attenderci. Qua è basilare avere qualcuno di fiducia. La nostra agenzia si sta dimostrando all’altezza delle aspettative…
La prima cosa che mi salta all’occhio è un albergo esattamente al dila’ della strada all’interno del compound dell’aeroporto stesso. Ci spiega subito cosa non fotografare: tutte le postazioni fisse che chiamiamo ceck point.
L’uscita verso la città la fai slalonando tra dei jersey larghi un metro e lunghi 4… cè solo lo spazio di passare con un solo veicolo, una bici insieme non ci sta. Qua vietatissimo fare foto, la nostra guardia armata scende ogni ceck point: parla, chiede. Poi con la macchina ben distante dagli stessi… sci si muove. Insomma le procedure son cambiate.
Non si passa dall’hotel Shamo, che sara’ la nostra residenza per questi giorni, andiamo direttamente a visitare la vecchia cattedrale di Mogadiscio. Consacrata nel 1928 e parzialmente distrutta nel 2008 durante la guerra civile è ancora li a testimoniare una vita ormai dispersa nelle guerra. Intorno è un deposito di immondizia e detriti…
Incredibile vedere l’imponenza delle mura rimaste in piedi e senza piu’ tetto. il crocefisso ha evidenti segni di colpi di arma da fuoco. Uscendo si intravede il cinema anch’esso di costruzione italiana. Cinema Missione.
Scendiamo verso il mare ed andiamo a visitare un piccolo mercato infilato nelle viuzze della capitale. Ora abbiamo anche un polizziotto di pubblica sicurezza. il militare apre la strada e lui la chiude. Cominciamo ad avere relazioni con la gente locale che si fa sempre più socievole e a volte parla anche italiano, perlopiù gli anziani.
Cè un caffe dove beviamo un ottimo espresso, mangiamo dei tipici fritti triangolari ripieni di verdure e carne. Ad un certo punto usciamo nella piazza della Moschee piu’ datata di Mogadiscio. Nel piazzale una cinquantina di uomini e ragazzi cantano e girano in tondo… siamo invitati a fare uno shooting !
Personaggi incredibili, una ragazza ci ferma e si fa un selfie con me, ecco, la nostra copertura mi sa che è saltata… tempo cinque minuti e siamo su tik tok!
Ritorniamo alla macchina, troviamo delle bandiere somali in un piccolo bazar. Mentre lasciamo la via principale, passiamo un pick up con un MG 60 o piu’ grosso e ti chiarisce bene come girano le cosa quaggiu’. Poi capiremo, con la nostra guida, che tutte le persone di livello hanno una scorta armata rafforzata fissa.
Passiamo l’arco Alberto di Savoia, arriviamo sul faro e di fronte al mercato del pesce. Rientriamo nella zona “protetta” passando i soliti ceck point di sicurezza.
Il nostro hotel ha l’entrata in una via chiusa da due sbarre e relativi militari, portone e sbarra all’interno. Dopo il tramonto da qua non si esce, fine dei giochi.
Ha una grande terrazza, la gente alla sera fa jogging il wifi è perfetto. Invitiamo il ragazzo che avevo trovato in rete e che ci porterebbe a visitare radio Mogadiscio non ha mai saputo nulla dei nostri movimenti, siamo stati sempre molto vaghi. Ma è un bravo ragazzo, verificato dalla nostra guida Ajoos.
A cena, incredibile, incontriamo un politico che ha studiato in Italia, a Perugia, ha contatti importanti e parla perfettamente italiano. Ci prende per mano e ci conduce nella storia di questa terra tormentata dalla guerra da decenni. Queste sono le incredibili situazioni quando ti trovi a viaggiare oltre la zona di confort: incontri e racconti che difficilmente trovi sulle guide e nei villaggi. Siamo molto onorati, io e Roberto di essere cosi’ intimi nella conoscenza di un paese così complicato.
Siamo sempre piu’ rapiti da questi contrasti, in terrazza si puo’ godere di una vista sicura della città con oltre due milioni di abitanti, mezzo milione di profughi in periferia che scappano e dalla carestia che affligge tutta la zona nord, senza considerare la guerra in corso sul confine con l’Ethiopia.
La gente qua convive con i colpi di mitra che si sentono nel buio delle vie, le bombe messe nei bar frequentate dai politici e militari…
Chi parla di guerra in modo leggero, che aime’ sta anche riempendo le cronache europee, dovrebbe venire a vedere cosa resta dopo aver usato bombe e fucili, e non parlo di rovine…
Mogadiscio, hotel Shamo, tutto regolare.!
Nicola Benvenuti
Bel racconto grazie era la mia città e grazie a voi ci sono virtualmente tornato.
Unico appunto l’arco è intitolato a Umberto di Savoia
Alfio Lavazza
Scusa il ritardo!!! Grazie a te per la precisazione. sono molto distratto…