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  >  Alfio Lavazza   >  Vysokoe, guidando verso nord.

Viene mattina… Usciamo dai nostri “loculi” e lasciamo il nostro hotel che ci ha fatto compagnia per
questi giorni di attesa a Vladivostock.
Ci siamo trovati bene, non ci serviva niente di piu’. Probabilmente se fosse stato affollato magari ci si
sentirebbe un po’ fuori posto, ma devo dire che tutto era ok.
Il programma prevede di andare al ferry dock verso le 9,30. Purtroppo io vedo che il mio contratto
della vodafone non puo’ piu’ girare e mi organizzo per comprare una scheda.
Andiamo al punto d’incontro con Yuri. Purtroppo ci comunica che ci sono dei ritardi. Sgomento!
Porca vacca non tanto per il dilungarsi dell’attesa ma soprattutto non sai mai il perché di queste
attese… problemi con il carico? Il drone che hanno trovato li infastidisce? Insomma vista la
situazione ogni cosa ci mette addosso dei pensieri non propriamente leggeri.


Dovete capire che la situazione è comunque quella di italiani che entrano in un paese dove
l’attenzione verso gente straniera potrebbe non essere considerata particolarmente amichevole. In
realtà questa sensazione non è al momento suffragata da vere situazioni che ci si sono accadute,
però è lecito pensare che non tutto debba andare secondo il nostro metro di misura.
In realtà con la telefonata successiva siamo chiamati all’ufficio portuale per ricevere i documenti e
pagare le operazioni portuali che si attestano a 350$ per veicolo. A Yuri avevamo dato 150$ per tutte
le pratiche e l’assistenza.
Abbiamo le carte in mano, ci hanno concesso di stare sul suolo russo fino allo scadere del visto
iscritto sul passaporto. Dovremo quindi uscire sicuramente prima del 22 novembre.
Abbiamo solo un piccolo intoppo in quanto le macchine le vediamo a distanza, hanno gli
staccabatterie OFF… i portuali non riescono a far partire i mezzi e servono delle telefonate per
riuscire a spiegare le procedure.
Usciamo da porto e guidiamo i primi metri sul suolo russo! Che emozione ancora una volta: un
viaggio pensato e studiato a lungo e che a volte ci è sembrato irrealizzabile. Eppure ci siamo, siamo
in Russia.


Mi diceva Yuri che quest’anno sono transitate una ventina di macchine ma mai nessuna dal
Giappone. Pare che abbiamo aperto una via in questo particolare momento politico.
La nostra meta ora la conosciamo bene: Ulanbaatar. Capitale della Mongolia dista oltre 4000 km, la
strada costeggia il confine russo e scende dalla citta di Chita verso sud.
Cominciamo a guidare. Ci fermiamo prima al sommergibile vicino al palazzo della marina per due
foto ricordo. Poi passiamo per la famosa Glass beach poco piu’ a nord. La spiaggia era una vecchia
discarica di bottiglie di vodka e birra, ora è diventata una distesa di vetri colorati e levigati.


Controllo un po’ di robe in macchina e mi sembra di percepire che probabilmente non hanno aperto
nulla. Il drone è al suo posto cosi’ come tutta la roba sparsa che avevo sui sedili.
Prendiamo l’autostrada prima e una sorta di autostrada poi. Non è conciata a parte dei buchi a cui
bisogna prestare attenzione.
Non tutti ma molti si affiancano e ci salutano.
La temperatura è prossima allo zero ma ci sono dei pezzi di ghiaccio nelle buche.
Si sta facendo buio e pensiamo di fermarci in qualche hotel ma ancora non sappiamo come e che
cosa cercare. Proprio sulla strada cè una struttura che sembra deserta ma in realtà la signora ci
propone una camera da tre per circa 10 $ a testa compreso cena e colazione.
Si ferma gente di passaggio che ci chiede da dove arriviamo e dove andremo.
Le signore tuttofare preparano la cena e assaggiamo una specie di ravioli e delle crepes con yogurt e
miele.


La birra è rigorosamente russa e il locale è di un caldo bestiale.
In televisione avranno passato per almeno mezz’ora filmati dei militari impegnati nell’operazione
speciale.
Vysokoe, guidando verso nord.

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