La dogana mongola: un altro tassello nell’incredibile viaggio della Fenice.
La notte nella stanza dei lavoratori con la stufa accesa e il crepitio della legna che brucia ha un
qualcosa di emozioni di vecchi tempi. Ormai noi usiamo il camino per lo piu’ per armonizzare
l’ambiente, qua moriresti dal freddo delle steppe artiche. Lunghi camini emettono in continuazione
alte scie di vapore che si trascinano nel vento. Mi sono alzato per caricare la stufa e avviare il land
ma poi ripiombavo in un bel sonno.
Prima dell’arrivo di Maxim, metto la moca sulla piastra della stufa ed esce un caffe fantastico.
Non fa molto freddo a sensazione… sicuro non siamo arrivati a -20, la meteo prevede delle nevicate
e vedremo nella giornata come evolverà.
Il nostro “ragazzone” russo arriva verso le otto, sempre in mimetica e stivali, qua il vestiario è
principalmente tecnico e per i prossimi mesi non cambierà un gran che. Passiamo del paese per prendere dei medicinali per
Enrico che deve mettere apposto l’intestino. Facciamo gasolio artico e prendiamo una pista innevata
in direzione della frontiera mongola: non sono molti km, poco meno di duecento, la meteo sta
girando in meglio.
Passiamo delle zone rurali e dei paesini piccolissimi con ancora del bestiame libero nella neve a
brucare gli ultimi rimasuglio di vegetazione.
Notiamo un bel numero di camion che vanno e vengono su una pista perfetta! A breve incontriamo
una miniera a cielo aperto enorme, direi che in profondità arriverà sui 200 metri.
Guidiamo rilassati e sereni, sembra che anche questa volta si riesca a completare una missione
“impossibile”.
La nostra pista incrocia la strada principale, sicuramente usata dalla maggior parte del traffico, che
proviene da nord arriva dalla cittadina di Ulan udee.
Allo scavallamento cè un posto di blocco e ci parcheggiano: controllo passaporti. E’ la prima volta in
tutto il viaggio.
Bene… il freddo non è eccessivo ma passiamo piu’ di mezz’ora in attesa della riconsegna dei
documenti che arriva puntualmente con un saluto e un “spaciba”.
Intravediamo le strutture della dogana russa avanti a noi, ne ho fatte molte… ma qua sembra essere
molto seria e in questo particolare momento politico non bisogna sbagliare atteggiamento.
Senza quasi proferir parola, che peraltro non so di russo, siamo al controllo mezzi: strano,
stranissimo! Credo sia la prima volta che una dogana controlli i mezzi in uscita dal paese stesso.
Osserviamo attentamente le auto mongole dinanzi a noi per essere preparati ad eventuali richieste
da parte dei militari. Ci sono molte donne.
E’ il nostro turno… tanto per cominciare ci fanno aprire tutto e scaricare ogni cassa e valigia, aprire la tenda
e un mallois dell’esercito mi piomba in macchina annusando ogni cosa.
Le donne che mi seguono nel controllo cercano scatole con medicinali… non sapremo mai cosa,
quanto e perché tanta ricerca. Siamo in uscita, il mistero s’infittisce!
Controllano tutto, con lo specchio verificano il telaio da sotto.
Pur capendo che siamo turisti eseguono con rigore le disposizioni previste. La cosa che risalta subito è che sono procedure standard e non cè nessuna volontà di rompere le scatole.
Riprendiamo il tutto e procediamo verso il controllo passaporti che come il solito non è banale…
Tutte le pagine sono scansionate con ultravioletti alla ricerca di contraffazioni. Siamo fuori dalla
Russia e tutto è andato come doveva, certo che tutte le pressioni dei mesi precedenti non hanno
aiutato a sostenere questi esami in modo sereno.
A volte il freddo si fa sentire, io ho il riscaldatore acceso e non dispiace proprio.
Ci timbrano anche il foglio doganale e chiudiamo l’importazione che era avvenuta a Vladivostock,
spedico la foto a Yuri che la inoltrerà alla dogana competente.
Si passa alla Mongolia. Tratti inequivocabili somatici decisi. Questo popolo ha conquistato l’Asia sino
ai Balcani… mica gente che si fa intimorire.
Sono molto meno militarizzati e molto piu’ casinari… Le file chilometriche giapponesi sono ormai un
ricordo vano!
Senza la minima conoscenza della lingua, ma una forte esperienza sul campo delle procedure,
facciamo le solite cose: immigrazione, dogana mezzo, cambio soldi, assicurazione.
Provano con un blando controllo del mezzo ma niente di che… Il volto della donna militare al controllo
documenti, con il copricapo verde scuro mi resta impresso. Peccato non poter scattare due foto.
Abbiamo lasciato lì circa tre ore che tutto sommato è un nulla da quello che sentivo in giro.
La strada è sgombra di neve e scorriamo veloci verso la capitale Ulaan Bator. Siamo belli stanchi, non
della giornata in particolare ma di migliaia di km in condizioni critiche e pericolose…
Ok Ulan Baatar è ancora bello lontano a sud, Dobbiamo imparare a guidare nuovamente in un nuovo
paese…
Strade belle e fine del ghiaccio ma non del freddo.
Cerchiamo un hotel a caso che dovremmo incontrare sulla principale senza entrare nella capitale della Mongolia.
Per un paio di volte ci infiliamo in sterrati improbabili e senza nessuna struttura…alla fine ci siamo un po’ rotti le scatole e decidiamo di procedere
verso la città in direzione del nostro contatto a Ulan. Il traffico è impressionante!
Riusciamo a raggiungere casa di Geerle. Il consiglio è di andare in centro e saltiamo quindi sul suo toyota che ci accompagna in un albergo in
centro buttandoci un’altra ora.
Proprio sotto cè un ristorante locale e tutto sommato anche oggi abbiamo fatto il nostro!
Capiremo più avanti che la città è pazzesca se parliamo di traffico, e questo non è un’aspetto
positivo.!
Ulan Bator Mongolia